Come fare per capire chi rischia di peggiorare avendo un ictus? Tutto quello che dovresti sapere a riguardo
Ovviamente se lo si individua prima il problema è decisamente molto meglio. Ci mancherebbe altro. Successivamente si possono mettere in atto delle terapie importanti per poter ridurre i danni permanenti al sistema nervoso e, soprattutto, i rischi per la vita. Anche se, a quanto pare, non è sempre così. Quasi un caso su due l’ictus dà solamente dei sintomi lievi. Nella metà dei pazienti, però, si può avere un peggioramento della situazione. Gli esperti in materia hanno definito il tutto con un termine: “minor stroke“.
Vale a dire peggioramento delle condizioni del malato. Ovviamente la domanda che si pongono tutti è la seguente: come fare per individuarlo in tempo? Ed evitare, ovviamente, che la situazione possa peggiorare da un momento all’altro? Secondo quanto riportato da un gruppo di ricercatori del nostro Paese arriva una importante risposta che è stata postata direttamente dal Journal of NeuroInterventional Surgery.
Una ricerca che porta la firma dal ricercatore in Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, Aldobrando Broccolini. Non solo: anche con il prezioso aiuto da parte del docente in Neuroradiologia all’Università Cattolica e Dirigente Medico nell’Unità di Neuroradiologia Interventistica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, Andrea Alexandre. Con la collaborazione anche di Paolo Calabresi e Alessandro Pedicelli. A sottoporsi a questa ricerca 308 pazienti con ictus ischemico acuto caratterizzato da deficit neurologico minimo.
Anche se con una occlusione riguardante un’arteria di grosso calibro del circolo intracranico. Cos’è il “minor stroke”? Si tratta di un procedimento cerebrovascolare acuto. Un paziente con ictus e sintomi minimi può presentarsi con “una lieve emiparesi e un lieve disturbo del linguaggio ma con funzioni cognitive integre“. I pazienti con minor stroke hanno una percentuale variabile fra il 5 e 10% di tutti gli ictus. Sono stati valutati i pazienti dove si viene documentata l’arteria cerebrale media.
L’obiettivo è riuscire ad individuare chi è a più rischio e chi, allo stesso tempo, può peggiorare. Uno dei problemi principali è la presenza di fibrillazione atriale. Nel caso in cui ci dovesse essere aritmia si ipotizza un deterioramento clinico. In conclusione Broccolini sostiene che i dati degli studi di questi pazienti, sull’approccio terapeutico, quelli più importanti sono quelli che prevedono una gestione medica e uno stretto monitoraggio clinico.
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